Chi di noi non si è mai trovato di fronte al dilemma di come risolvere un conflitto?


Alcuni di noi con maggiore frequenza ed altri meno ci troviamo ad affrontare dei conflitti che possono insorgere, per le piu’ svariate ragioni, sia in ambito professionale che familiare. Spesso sono conflitti in cui veniamo coinvolti mentre talvolta ne siamo noi stessi l’origine. In tutti i casi da come reagiamo sia noi che le nostre controparti dipende l’esito del conflitto. In linea di massima possiamo ipotizzare vi siano due modalità principali di approccio, una emotiva ed l’altra razionale.

Al palesarsi di un conflitto emotivamente possiamo essere portati a:

1. FUGGIRE – se entrambe le parti fuggono, il conflitto viene abbandonato all’origine ma nessuno dei due ne esce vincente: questa è una situazione lose-lose

2. COMBATTERE – chi affronta in modo combattivo un conflitto ha una sola aspettativa, quella di vincere, ed alla fine una delle due parti avrà il sopravvento: siamo in una situazione win-lose.

3. RINUNCIARE – chi decide di abbandonare il conflitto, desistendo dal combattere, si viene a trovare nella posizione di perdente lasciando all’altra parte quella di vincente: è questa una situazione lose-win.

Nel momento in cui cerchiamo di affrontare razionalmente il conflitto, possiamo ipotizzare si verifichino le seguenti situazioni:

4. EVITARE LE RESPONSABILITA’ – coloro che si sentono sopraffatti dalla eventualità di gestire direttamente il conflitto tendono a delegarne la risoluzione a terzi, generalmente un’autorità o qualcuno che si reputi al disopra delle parti: questa terza parte risolve il conflitto ma non necessariamente con saggezza o nell’interesse del delegante. Ognuna delle parti si trova a dover fare un passo indietro: ci troviamo di nuovo in una situazione lose-lose.

5. TROVARE UN COMPROMESSO – dipende come questa soluzione viene percepita accettabile dalle parti. Pur non trattandosi spesso della soluzione ideale, puo’ essere ritenuta ragionevole nella specifica circostanza: siamo in un’ipotesi win-lose/win-lose.

6. RAGGIUNGERE UNA SOLUZIONE CONDIVISA – il consenso nel trovare tale tipo di soluzione è basato su una terza via sviluppata congiuntamente, una soluzione del tutto nuova che diversamente dal compromesso usualmente lascia entrambe le parti soddisfatte: è una situazione win-win.

Inchiostro si pentole no

Dal racconto di un amico che in questi giorni in #Italia è andato a fare la spesa in un supermercato, si ha la conferma non solo della incapacità totale del governo del paese a reggere il confronto con l’emergenza sanitaria #covid19 bensi’ di una volontà perversa di rendere la vita inutilmente piu’ difficile, penalizzando nel contempo alcuni settori economici e privilegiandone altri.

“Dopo l’ultima spesa, fatta ormai due settimane fa, mi accingo bardato come un alieno per non rischiare di essere infettato – o di infettare a mia volte un altro potendo essere un cosiddetto “asintomatico” senza nemmeno saperlo – ad entrare al supermercato dopo aver fatto un’oretta buona di coda: la guardia all’ingresso mi scruta attentamente e, constatato che ho guanti di lattice alle mani, sacchetti di plastica ai piedi legati al difuori dei pantaloni all’altezza dei polpacci, cappello da addetto agli alimentari fermato con le forcine tra i capelli e … doppia mascherina, mi fa avanzare e sollevo per qualche istante la visiera in acetato che mi sono costruito con la copertina di un dossier che non mi serviva piu’ al fine di farmi misurare la febbre; beep! Tutto a posto, procedo all’ingresso e mi munisco di un capiente carrello. In famiglia siamo in tanti e la lista degli aimentari piuttosto estesa.

Lo spazio all’interno è piuttosto ampio e anche se l’altoparlante del supermercato diffonde una serie di istruzioni, tra cui quella di limitarsi ad un componente solo per famiglia per ciascun carrello e di entrare nei corridoi uno alla volta, vedo naturalmente coppiette che corrono a destra e manca per riempire il proprio, abbandonato in mezzo al corridoio e mi ci fiondo alla ricerca di quanto mi serve. Cerco di fare in fretta anche perchè dopo l’attesa all’ingresso sono già piuttosto provato ed il caldo all’interno acuisce la mia sensazione di disagio; sto sudando e la visiera trasparente è già tutta appannata e faccio fatica a leggere la lista della spesa. Finalmente, grazie anche al fatto che la mia mogliettina ha vuto l’accortezza di elencare tutti gli acquisti necessari già tenendo conto della corretta sequenza degli scaffali, mi rendo conto che ho depennato quasi tutto: mi mancano solo la spazzola per lavare i piatti, il coltellino per spalmare il burro di cui ho rotto ieri il manico di plastica e l’inchiostro per la stampante che ho da qualche giorno esaurito dopo la stampa dell’ennesima versione della famosa autocertificazione.

Shopping cart in a grocery store

Entro nel corridoio dove vedo degli ampi scaffali con pentolame e stoviglie di ogni genere e, appesi in alto, i mie oggetti: la spazzola e il coltello spalmaburro. E’ fatta direte voi, sei arrivato alla fine della tua tortura, ma niente affato…non è cosi’….certo perchè tutta la sezione è sbarrata con del nastro bianco e rosso e disseminata di cartelli che avvisano del fatto che la merce esposta non è vendibile! Come non è vendibile? Se la merce è li e io sono qui apposta per comprarla, mi serve, non posso continuare a lavare i piatti solo con la spugnetta e i miei figli si lamentano che i coltelli normali non vanno bene per spalmare la nutella perchè sono troppo stretti. Chiedo ad un addetto che sta rimpiazzando gli articoli alimentari nello scaffale opposto, dove ci sono solo alimentari, e mi spiega che sono le disposizioni anti-covid.

Ma l’inchiostro per la mia stampante riusciro’ a trovarlo?

Con un po’ di ansia, la visiera sempre piu’ appannata e le mani che ormai sguazzano nel sudore all’interno dei guanti di lattice e il carrello pieno già fino ben oltre il limite di carico, raggiungo l’area degli inchiostri per stampanti e – con mio grande stupore e fortemente rincuorato – constato che non è sbarrato dal nastro come quello del pentolame; controllo con accuratezza che non vi siano cartelli che segnalano l’invendibilità dei prodotti li’ esposti: nulla. Vado quindi alla ricerca di quanto mi necessita e, per mia fortuna, trovo l’ultima confezione sia dell’inchiostro nero che di quello a colori, adatti per il mio modello di stampante. Sono salvo! Potro’ stampare tutte le ultime versioni della famigerata autocertificazione che il ministero degll’interno si inventerà a seguito dell’ennesimo DPCM del governicchio Conte! Whaooooo, sono cosi’ preso dall’euforia di avere trovato l’inchiostro che mi sto già facendo una ragione del fatto di non poter acquiustare la spazzola per lavare i piatti ed il coltellino spalmaburro e poi, la giustificazione per moglie e figli è belle che pronta: c’erano ma era vietato venderli!”

Conclusioni

Dal racconto del mio amico si possono trarre varie conclusioni; alcune le lascero’ all’attento lettore che, vivendo in Italia e subendo analoghe limitazioni, non mancherà di immagnare sè stesso in un’analoga situazione. Permettetemi sottoporvi comunque alcune riflessioni:

  • considerato che il supermercato dispone di spazi abbastanza ampi da consentire un agevole ingresso di piu’ persone contemporaneamente (un superstore, giusto per darvi un’idea, ha una superficie di vendita tra i 4.000 e i 5.000 metri quadri) le quali, dopo un’attesa in coda spesso di non breve durata, potrebbero avere la necessità di acquistare anche prodotti non alimentari senza doversi recare in altri negozi, fare ulteriori code, correre e far correre ulteriori rischi di contagio e magari rischiare di imbattersi in qualche solerte ed intransigente paladino dei DPCM conteschi, che gli appiopperà una bella multa perché non gli piace come è stata redatta l’autocertificazione, perché non devono poter effettuare l’acquisto di una pentola, di una scodella, di un piatto o di un bicchiere che si sono rotti?
  • evito volutamente di entrare eccessivamente nel merito dell’evidente aspetto economico della perdita di guadagno per il negozio, conseguente la mancata vendita, e della minore disponibilità finanziaria che inciderà sia sul pagamento del personale dipendente che dei propri fornitori
  • ma vogliamo considerare l’altro lato della medaglia? la mancata vendita comporta un mancato approvvigionamento presso il fornitore, un grossista o forse anche direttamente il fabbricante delle pentole, dei piatti, delle scodelle, dei bicchieri … della spazzola per lavare i piatti e del coltellino per spalmare il burro che voleva acquistare il mio amico; ecco quindi che la mancata vendita del supermercato si ripercuote con effetto negativo su tutta la filiera di approvvigionamento dei prodotti: il commerciante o il produttore vendendo di meno perderanno fatturato e non disporranno della liquidità necessaria per far fronte ai propri pagamenti a favore del proprio personale dipendente, dei fornitori nonché dei trasportatori che, a loro volta, perderanno fatturato ed introiti di denaro eccetera eccetera …
  • ma l’inchiostro per stampanti si’, ed anche la carta, indispensabili per chi disponga di personal computer in casa per stampare l’AUTOCERTIFICAZIONE, documento ancora piu importante dei soldi necessari per pagare la spesa, per poter uscire dalla propria abitazione e, potendo ovviamente giustificare un qualche stato di necessità come ad esempio fare la spesa per dar da mangiare alla propria famiglia, per disporre di un lasciapassare come quello che scrutavano attentamente i soldati nazisti a chi si aggirava alla ricerca di cibo o dei propri parenti ed amici in città ancora afflitte dalle ultime propaggini di una guerra che in Europa sarebbe finita, secondo gli storici, proprio oggi l’8 maggio 1945.

Quando finirà la guerra al “coronavirus” chi pagherà per tutto questo

E quando sarà finita la guerra al Covid-19, al Corona virus, al virsu sdella Sars-CoV-2 o come altro voglia mo chiamare questo invisibile ma potente aggressore ci sarà qualcuno che pagherà per tutto questo? Il Popolo Italiano saprà prima o poi rialzare la testa e porre fine ai soprusi di un governicchio che ha contribuito, e sta tuttora contribuendo, con la sua inettitudine a causare il contagio di centinaia di migliaia di persone e la morte di decine di migliaia di persone? Verranno mandati a casa un ministro della sanità ed i dirigenti tutti che non sono stati capaci di mettere in pratica per tempo quanto previsto da un piano pandemico che prevedeva precise azioni da intraprendere, che non sono state intraprese a tempo debito? Verranno adeguatamente valutati e giudicati nelle sedi opportune gli atti sconsiderati di coloro che hanno contribuito, e stanno contribuendo, allo sfacelo economico e finanziario della nazione Italiana, alla disoccupazione di milioni di lavoratori che per gli anni a venire si vedranno costretti a richiedere il reddito di cittadinanza?

Forse non tutti sanno che in Italia esisteva un “Piano pandemico nazionale”

Il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) ha pubblicato già nel 2007 ed aggiornato nel 2016 un piano pandemico denominato PIANO NAZIONALE DI PREPARAZIONE E RISPOSTA AD UNA PANDEMIA INFLUENZALE La sezione influenza del Ministero della salute riporta:

“Dalla fine del 2003, da quando cioè i focolai di influenza aviaria da virus A/H5N1 sono divenuti endemici nei volatili nell’area estremo orientale e il virus ha causato infezioni gravi anche negli uomini, è diventato più concreto e persistente il rischio di una pandemia influenzale.

Per questo motivo l’OMS ha raccomandato a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo linee guida concordate.

Il Piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale, stilato secondo le indicazioni dell’OMS del 2005, aggiorna e sostituisce il precedente Piano italiano multifase per una pandemia influenzale, pubblicato nel 2002. Esso rappresenta il riferimento nazionale in base al quale saranno messi a punto i Piani operativi regionali.

Il Piano si sviluppa secondo le 6 fasi pandemiche dichiarate dall’OMS, prevedendo per ogni fase e livello, obiettivi ed azioni.
Molte delle azioni individuate sono già state realizzate man mano che la situazione epidemiologica lo ha richiesto. Il Piano contiene, come allegato, le linee guida per la stesura dei Piani pandemici regionali.

Le linee guida nazionali per la conduzione delle ulteriori azioni previste saranno emanate, a cura del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM), come allegati tecnici al Piano e saranno periodicamente aggiornate ed integrate.”

Fonte: Ministero della salute

Il governo ha deciso di mettere gli Italiani sotto tutela e ha sottaciuto sin dal suo inizio i reali pericoli della pandemia, omettendo di diffondere tempestivamente le informazioni di difesa previste

Come un genitore tutela i propri figli minori o, piuttosto, un tutore si preoccupa di un soggetto incapace di intendere e di volere, come un amministratore di sostegno cura gli interessi di chi vi sia interdetto, ecco che l'”avvocato degli Italiani”, con il supporto molto probabilmente della maggiornza che sostiene il suo governo, ha deciso di porre sotto tutela tutta l’Italia! Ma, ci si domanda, aveva il diritto di farlo? Poteva decidere come e quando dare seguito ad un piano che, pur se imperfetto, era stato accuratamente redatto a seguito di una precedente esperienza pademica, causata da un virus, quello della Sars, che tutto sommato è parente prossimo del Covid-19?

Anziché aver posto a tempo debito in essere tutto quanto preliminarmente previsto in tale piano nazionale pandemico e passare quindi con decisione, nella fase emergenziale, ad informare senza esitazione tutta la popolazione adottando con tempestività tutti i necessari provvedimenti che cosa hanno fatto Conte ed i suoi accoliti? Si sono semplicemente preoccupati di minimizzare il rischio, hanno impedito alle regioni che per prime stavano soffrendo la rapida diffusione del contagio, Lombardia e Veneto, di porre immediatamente in essere quie provvedimenti di chiusura che, se adottati, avrebbero certamente contribuito ad una minor diffusione del micidiale virus. Ma cosa intendevano fare di tanto esgerato i governatori di dette regioni? Semplicemente contribuire alla messa in atto di misure, esplicitamente previste dal Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia nazionale che l’Italia, cosi’ come diversi altri paesi, aveva deciso di adottare ben 13 anni orsono!

Il piano in questione, come citato in premessa, si rifà peraltro alle 6 fasi previste dal’Organizzazione Mondiale della Sanità (da non confondersi con le attuali fasi, definite in periodo di pandemia impropriamente fase 1 e fase 2 dal governo Conte), che possono cosi’ essere riassunte:

  • Fasi interpandemiche (fasi 1-2)
  • Fasi di allerta (fasi 3-5)
  • Fase pandemica (fase 6).

Posto che ci troviamo evidentemente in piena fase pandemica è quantomeno inquietante notare come alcuni provvedimenti essenziali, di cui si discute quotidianamento ed in merito al cui presunto mancato rispetto siano state già avviate anche delle indagini giudiziarie, avrebbero dovuto essere presi non già a diffusione del virus avvenuta bensi’ in una delle cosiddette fasi interpandemiche 1 e 2 di cui si riporta testualmente la descrizione:

Fase 1. Nessun nuovo sottotipo virale isolato nell’uomo. Un sottotipo di virus influenzale che ha causato infezioni nell’uomo può essere presente negli animali. Se presente negli animali, il rischioa di infezione o malattia nell’uomo è considerato basso.

Fase 2. Nessun nuovo sottotipo virale è stato isolato nell’uomo. Comunque, la circolazione negli animali di sottotipi virali influenzali pone un rischio sostanziale di malattia per l’uomo.

Tralasciando gli aspetti di carattere piu’ spiccatamente scientifico, in merito ai quali si stanno già esprimendo da tempo folle di sedicenti esperti virologi, infettivologi, giornalisti, presentatrici e presentatori di talk-show di vario genere, ecco che ritroviamo tra le misure di sanità pubblica, consigliate si badi bene nelle fasi prodromiche della pandemia, e quindi non quando la pandemia risulti già conclamata a causa di una diffusione ormai pressoché inarrestabile del contagio, per limitare e/o ritardare la diffusione del virus:

Informazione sanitaria della popolazione per promuovere l’adozione delle comuni norme igieniche, che includono:

  • lavarsi spesso le mani
  • pulire le superfici domestiche con normali prodotti detergenti
  • coprirsi la bocca e il naso quando si tossisce o starnutisce

Adozione di misure per limitare la trasmissione delle infezioni in comunità (scuole, case di riposo, luoghi di ritrovo), quali evitare l’eccessivo affollamento e dotare gli ambienti di adeguati sistemi di ventilazione.

Preparazione di appropriate misure di controllo della trasmissione dell’influenza pandemica in ambito ospedaliero:

  • Approvvigionamento dei DPI per il personale sanitario;
  • Controllo del funzionamento dei sistemi di sanificazione e disinfezione; o Individuazione di appropriati percorsi per i malati o sospetti tali;
  • Censimento delle disponibilità di posti letto in isolamento e di stanze in pressione negativa
  • Censimento delle disponibilità di dispositivi meccanici per l’assistenza ai pazienti.

Senza andare oltre, poiché ognuno ha la possibilità di farsi una propria opinione visionando direttamente l’intero documento del Ministero della sanità, mi si consenta concludere con alcune domande cui spero prima o poi qualcuno si degni di dare delle risposte esaurienti, per il rispetto dovuto ai tanti morti, alle centinaia di migliaia di contagiati, a tutti coloro che hanno dovuto soffrire, che ancora soffrono e soffriranno in futuro gli effetti sia psicologici che economici di un lockdown pensato in maniera assolutamente inadeguata e posto in essere in modo assolutamente disarticolato.

Perché il Ministero della salute e il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) hanno omesso di porre tempestivamente in essere le azioni preventive e concomitanti previste dal piano pandemico?

Non si comprende quali siano i motivi per cui gli enti competenti, richiamati con circostanziata precisione nel documento piu’ volte citato, non abbiano provveduto a svolgere i compiti loro assegnati e, onde evitare una gestione ancor piu’ perniciosa dell’emergenza in atto, non abbiano visto la pronta sostituzione dei rispettivi organi apicali di comando. E’ chiaro infatti come il piano pandemico sia stato redatto non già per il trattamento delle ordinarie influenze stagionali bensi’ in previsione del possibile verificarsi di contagi ben piu’ gravi. A apgina 5 di tale piano troviamo infatti il richiamo alle grandi pandemie del passato: ” Le pandemie si verificano ad intervalli di tempo imprevedibili, e, negli ultimi 100 anni, si sono verificate nel 1918 (Spagnola, virus A, sottotipo H1N1)), 1957 (Asiatica, virus A, sottotipo H2N2) e 1968 (HongKong, virus A, sottotipo H3N2). La più severa, nel 1918, ha provocato almeno 20 milioni di morti.”

Sempre nello stesso documento troviamo quindi un avviso di fondamentale importanza che, col senno di poi, con un rischio di contagio ancora elevato tuttora in atto, suona piuttosto beffardo: “L’incertezza sulle modalità e i tempi di diffusione determina la necessità di preparare in anticipo le strategie di risposta alla eventuale pandemia, tenendo conto che tale preparazione deve considerare tempi e modi della risposta. “

Che cosa sia stato effettivamente fatto risulta, almeno questo, piuttosto chiaro: è stato preparato un piano dettagliato di intervento, si sono sicuramente sperperati soldi pubblici per pagare consulenti che ne supportassero la redazione e lo si è messo in un cassetto senza dare alcuna attuazione pratica a quanto in esso dettagliatamente previsto, nei tempi e modi necessari.

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Esegesi dell’autocertificazione per il COVID-19 – terza e ultima parte

Caro Conte (caro, si fa per dire) la finiamo di sparare questa raffica di DPCM, di fare tutte le inutili dirette o differite sui social o sulle varie emittenti televisive, senza che si dia concretezza ai provvedimenti che continuano ad essere annunciati? E adesso cosa fanno i singoli ministri, quello dell’interno Lamorgese in testa, comntinuano ad emettere circolari esplicative che altro non fanno che complicare una situazione interpretativa di una massa abnorme di leggi e decreti assolutamente fuori luogo. Fatti, non parole! Azioni concrete, non vane promesse di aiuti, monetari e non, che non arrivano a chi versa in effettivo stato di bisogno! Efficienza, non burocrazia che paralizza ogni attività di uno Stato capace solo di fagocitare le risorse dei propri cittadini e si dimostra incapace di ridistribuirle quando ve n’è bisogno.

Prima di passare al completamento di questo, forse inutile, lavoro che verrà vanificato magari già tra poche ore con la pubblicazione dell’ennesima versione dell’autocertificazione, mi si consenta riportare un passi saliente dell’ennesia follia esplicativa, la circolare N. 15350/117(2) Uff.III-Prot.Civ. del Ministero dell’Interno del 30 marzo 2020:

“(…) Nel rammentare che resta non consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto ed accedere ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici, si evidenzia che l’attività motoria generalmente consentita non va intesa come equivalente all’attività sportiva (jogging), tenuto anche conto che l’attuale disposizione di cui all’art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo scorso tiene distinte le due ipotesi, potendosi far ricomprendere nella prima, come già detto, il camminare in prossimità della propria abitazione.”

Mi spiegate come possiamo pretendere che venga sottoscritta un’autocertificazione in cui, come ben illustrato nella prima e seconda parte di questo articolo, ci sono già decine di richiami criptici per la maggior parte della popolazione, col rischio che non si tenga conto di assurde circolari esemplificative che sarebbe meglio definire “complicative”? Già ci troviamo coinvolti a livello globale in un incubo del tutto simile alla peste di manzoniana memoria, non abbiamo alcun bisogno di personaggi che dimostrano di essere delle opache copie del ben piu’ famoso personaggio Azzecca-garbugli.

Tornando alla versione del 26 marzo 2020 dell’autocertificazione, cosa dire del passaggio in cui, nel caso lo spostamento preveda il passaggio da una regione all’altra, testualmente ci si chiede di dichiarare di “essere a conoscenza delle ulteriori limitazioni disposte con provvedimenti del Presidente delle Regione” di partenza e ovviamente anche di quella di arrivo. E qui non possiamo naturalmente riportare le diverse limitazioni di tutte le regioni d’Italia … che pero’ occorre conoscere prima di firmare anche perché è assolutamente necessario precisare che “lo spostamento rientra in uno dei casi consentiti dai medesimi provvedimenti” indicando quale!

Dobbiamo quindi dichiarare “di essere a conoscenza delle sanzioni previste dall’art. 4 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19 “. Cosa dice questo articolo?

Art. 4
Sanzioni e controlli
1. Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, ovvero dell’articolo 3, e’ punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanita’, di cui all’articolo 3, comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo.
2. Nei casi di cui all’articolo 1, comma 2, lettere i), m), p), u), v), z) e aa), si applica altresi’ la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attivita’ da 5 a 30 giorni.
3. Le violazioni sono accertate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689; si applicano i commi 1, 2 e 2.1 dell’articolo 202 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di pagamento in misura ridotta. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all’articolo 2, comma 1, sono irrogate dal Prefetto. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all’articolo 3 sono irrogate dalle autorita’ che le hanno disposte. Ai relativi procedimenti si applica l’articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.
4. All’atto dell’accertamento delle violazioni ci cui al comma 2, ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’autorita’ procedente puo’ disporre la chiusura provvisoria dell’attivita’ o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni. Il periodo di chiusura provvisoria e’ scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione.
5. In caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa e’ raddoppiata e quella accessoria e’ applicata nella misura massima.
6. Salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale o comunque piu’ grave reato, la violazione della misura di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), e’ punita ai sensi dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dal comma 7.
7. Al comma 1 dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, le parole «con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 a lire 800.000» sono sostituite dalle seguenti: «con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000».
8. Le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla meta’. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 101 e 102 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507.
9. Il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali. Al personale delle Forze armate impiegato, previo provvedimento del Prefetto competente, per assicurare l’esecuzione delle misure di contenimento di cui agli articoli 1 e 2 e’ attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza.

Anche nei vari commi di questo articolo, come già evidenziato per i precedenti, i richiami agli articoli delle norme piu’ disparatie che, esausto, evitero’ in questo cas di elencare. Troviamo persino richiami al regio decreto numero 1265 del 1934 – Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie! L’articolo 260 citato nel predetto articolo 4 richiamato nell’autocertificazione recita:

“Chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo è punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 a lire 800.000. Se il fatto è commesso da persona che esercita una professione o un’arte sanitaria la pena è aumentata.”

L’ultimo richiamo diretto nell’autocertificazione, che si è cercato di analizzare con l’esposizione del testo di tutti gli articoli citati, è all’articolo 1, comma 1, lettera b) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 marzo 2020 di cui segue il testo:

Art. 1
Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale
1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, sull’intero territorio nazionale sono adottate le seguenti misure:
(omissis)
b) e’ fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; conseguentemente all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 le parole «. E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza» sono soppresse;

Concludo riportando infine il testo del richiamo indiretto nell’articolo 1, comma 1, lettera a) del precedente DPCM 8 marzo 2020 che recitava:

“Art. 1.
Misure urgenti di contenimento del contagio nella regione Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-CusioOssola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia.
1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 nella regione Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia, sono adottate le seguenti misure:
a) evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza; ”

Cos’altro aggiungere? Ne riparliamo alla prossima edizione…

Esegesi dell’autocertificazione per il COVID-19 – seconda parte

Le dichiarazioni

E dopo aver preso atto che qualsiasi dichiarazione mendace a pubblico ufficiale, trattata nella prima parte dell’esegesi dell’autocertificazione per il COVID-19, ci espone già a rischi penali eccoci alla fase delle dichiarazioni che, come d’uso, ciascuno di noi farà sotto la propria responsabilità … e di chi altro verrebbe da chiedersi?

L’autocertificazione per andare a fare la spesa o altre necessità

Sul fatto di essere o meno sottoposti a misure di quarantena direi che grossi dubbi non se ne dovrebbero avere: o siamo in quarantena o non lo siamo; forse sarebbe stato il caso di precisare meglio chi ci abbia eventualmente sottoposto a tale misura, da quando, fino a quando ecc., ma questo vedrete lo troveremo probabilmente nelle prossime edizioni. Piu’ enigmatica la domanda corcernente il fatto di essere o meno risultati positivi al COVID-19 che fa sorgere spontanea la domanda: ma come posso sapere se sono positivo o meno nel caso non abbia fatto alcun test? Diciamo che, a buonsenso, la dichiarazione dovrebbe essere tranquillamente sottoscrivibile nel caso in cui il test non sia stato fatto; in tutti gli altri casi forse sarebbe auspicabile che le cosiddette autorità competenti precisassero meglio, magari con una bella circolare esplicativa se non con una risoluzione ministeriale, cosa si debba intendere con l’allocuzione “di non essere risultato positivo” in assenza di indicazioni temporali o altro. Mi si consenta un esempio per chiarire meglio questa affermazione: ho fatto il test risultando positivo al virus, ne sono guarito ed un successivo test ha permesso di constatare la guarigione essendo risultato negativo; ho altresi’ completato il periodo di quarantena cui ero stato sottoposto e potrei teoricamente circolare, pur nei limiti imposti dalle ordinanze vigenti. Posso o non posso sottoscrivere tranquillamente una tale dichiarazione o sarebbe preferibile, in mancanza delle necessarie precisazioni, che mi dilungassi con delle annotazioni che circostanzino meglio il fatto che si’ ero risultato positivo …. ma oggi non lo sono piu’!

Da dove è iniziato lo spostamento e la destinazione dove vorremmo arrivare non dovrebbero essere indicazioni di particolare complessità. Attenzione che potrebbero confliggere con le informazioni concernenti la residenza e, se diverso, il domicilio. Ci si augura che, anche se non precisato in alcun modo, sia consentito anche provenire da un luogo diverso mentre, va abbastanza da sè, la destinazione dovrebbe essere plausibile rispetto alla provenienza ed essere coerente con la motivazione dello spostamento stesso di cui tratteremo piu’ oltre.

La conoscenza delle misure di contenimento del contagio

Qui dopo le avvertenze per l’uso, i distinguo e le precisazioni piu’ o meno ovvie sopra riportate, ecco che ricomincia il balletto dei richiami normativi. Si’ perche le misure di cui ccorre dar conto della conoscenza non sono informazioni qualsiasi, men che meno sono quelle lette sul quotidiano preferito o ascoltate al tiggi’ dalla nostra giornalista preferita, sono quelle “adottate ai sensi degli artt. 1 e 2 del decreto legge 25 marzo 2020 n. 19, che di seguito vado a riportare:

Art. 1
Misure urgenti per evitare la diffusione del COVID-19
1. Per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus COVID-19, su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalita’ di esso, possono essere adottate, secondo quanto previsto dal presente decreto, una o piu’ misure tra quelle di cui al comma 2, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche piu’ volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e con possibilita’ di modularne l’applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico del predetto virus.
2. Ai sensi e per le finalita’ di cui al comma 1, possono essere adottate, secondo principi di adeguatezza e proporzionalita’ al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalita’ di esso, una o piu’ tra le seguenti misure:
a) limitazione della circolazione delle persone, anche prevedendo limitazioni alla possibilita’ di allontanarsi dalla propria residenza, domicilio o dimora se non per spostamenti individuali limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessita’ o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni;
b) chiusura al pubblico di strade urbane, parchi, aree gioco, ville e giardini pubblici o altri spazi pubblici;
c) limitazioni o divieto di allontanamento e di ingresso in territori comunali, provinciali o regionali, nonche’ rispetto al territorio nazionale;
d) applicazione della misura della quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che rientrano da aree, ubicate al di fuori del territorio italiano;
e) divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perche’ risultate positive al virus;
f) limitazione o divieto delle riunioni o degli assembramenti in luoghi pubblici o aperti al pubblico;
g) limitazione o sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni altra forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo, ricreativo e religioso;
h) sospensione delle cerimonie civili e religiose, limitazione dell’ingresso nei luoghi destinati al culto;
i) chiusura di cinema, teatri, sale da concerto sale da ballo, discoteche, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, centri culturali, centri sociali e centri ricreativi o altri analoghi luoghi di aggregazione;
l) sospensione dei congressi, di ogni tipo di riunione o evento sociale e di ogni altra attivita’ convegnistica o congressuale, salva la possibilita’ di svolgimento a distanza;
m) limitazione o sospensione di eventi e competizioni sportive di ogni ordine e disciplina in luoghi pubblici o privati, ivi compresa la possibilita’ di disporre la chiusura temporanea di palestre, centri termali, sportivi, piscine, centri natatori e impianti sportivi, anche se privati, nonche’ di disciplinare le modalita’ di svolgimento degli allenamenti sportivi all’interno degli stessi luoghi;
n) limitazione o sospensione delle attivita’ ludiche, ricreative, sportive e motorie svolte all’aperto o in luoghi aperti al pubblico;
o) possibilita’ di disporre o di affidare alle competenti autorita’ statali e regionali la limitazione, la riduzione, la sospensione o la soppressione di servizi di trasporto di persone e di merci, automobilistico, ferroviario, aereo, marittimo, nelle acque interne, anche non di linea, nonche’ di trasporto pubblico locale;
p) sospensione dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e delle attivita’ didattiche delle scuole di ogni ordine e grado, nonche’ delle istituzioni di formazione superiore, comprese le universita’ e le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, di corsi professionali, master, corsi per le professioni sanitarie e universita’ per anziani, nonche’ i corsi professionali e le attivita’ formative svolte da altri enti pubblici, anche territoriali e locali e da soggetti privati, o di altri analoghi corsi, attivita’ formative o prove di esame, ferma la possibilita’ del loro svolgimento di attivita’ in modalita’ a distanza;
q) sospensione dei viaggi d’istruzione, delle iniziative di scambio o gemellaggio, delle visite guidate e delle uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado sia sul territorio nazionale sia all’estero;
r) limitazione o sospensione dei servizi di apertura al pubblico o chiusura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all’articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonche’ dell’efficacia delle disposizioni regolamentari sull’accesso libero o gratuito a tali istituti e luoghi;
s) limitazione della presenza fisica dei dipendenti negli uffici delle amministrazioni pubbliche, fatte comunque salve le attivita’ indifferibili e l’erogazione dei servizi essenziali prioritariamente mediante il ricorso a modalita’ di lavoro agile; t) limitazione o sospensione delle procedure concorsuali e selettive finalizzate all’assunzione di personale presso datori di lavoro pubblici e privati, con possibilita’ di esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati e’ effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero con modalita’ a distanza, fatte salve l’adozione degli atti di avvio di dette procedure entro i termini fissati dalla legge, la conclusione delle procedure per le quali risulti gia’ ultimata la valutazione dei candidati e la possibilita’ di svolgimento dei procedimenti per il conferimento di specifici incarichi;
u) limitazione o sospensione delle attivita’ commerciali di vendita al dettaglio, a eccezione di quelle necessarie per assicurare la reperibilita’ dei generi agricoli, alimentari e di prima necessita’ da espletare con modalita’ idonee ad evitare assembramenti di persone, con obbligo a carico del gestore di predisporre le condizioni per garantire il rispetto di una distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio;
v) limitazione o sospensione delle attivita’ di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonche’ di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti;
z) limitazione o sospensione di altre attivita’ d’impresa o professionali, anche ove comportanti l’esercizio di pubbliche funzioni, nonche’ di lavoro autonomo, con possibilita’ di esclusione dei servizi di pubblica necessita’ previa assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non sia possibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio come principale misura di contenimento, con adozione di adeguati strumenti di protezione individuale;
aa) limitazione allo svolgimento di fiere e mercati, a eccezione di quelli necessari per assicurare la reperibilita’ dei generi agricoli, alimentari e di prima necessita’;
bb) specifici divieti o limitazioni per gli accompagnatori dei pazienti nelle sale di attesa dei dipartimenti emergenze e accettazione e dei pronto soccorso (DEA/PS);
cc) limitazione dell’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalita’ e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, nonche’ agli istituti penitenziari ed istituti penitenziari per minorenni; dd) obblighi di comunicazione al servizio sanitario nazionale nei confronti di coloro che sono transitati e hanno sostato in zone a rischio epidemiologico come identificate dall’Organizzazione mondiale della sanita’ o dal Ministro della salute;
ee) adozione di misure di informazione e di prevenzione rispetto al rischio epidemiologico;
ff) predisposizione di modalita’ di lavoro agile, anche in deroga alla disciplina vigente;
gg) previsione che le attivita’ consentite si svolgano previa assunzione da parte del titolare o del gestore di misure idonee a evitare assembramenti di persone, con obbligo di predisporre le condizioni per garantire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio; per i servizi di pubblica necessita’, laddove non sia possibile rispettare tale distanza interpersonale, previsione di protocolli di sicurezza anti-contagio, con adozione di strumenti di protezione individuale;
hh) eventuale previsione di esclusioni dalle limitazioni alle attivita’ economiche di cui al presente comma, con verifica caso per caso affidata a autorita’ pubbliche specificamente individuate.
3. Per la durata dell’emergenza di cui al comma 1, puo’ essere imposto lo svolgimento delle attivita’ non oggetto di sospensione in conseguenza dell’applicazione di misure di cui al presente articolo, ove cio’ sia assolutamente necessario per assicurarne l’effettivita’ e la pubblica utilita’, con provvedimento del prefetto assunto dopo avere sentito, senza formalita’, le parti sociali interessate.

Art. 2
Attuazione delle misure di contenimento
1. Le misure di cui all’articolo 1 sono adottate con uno o piu’ decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonche’ i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale. I decreti di cui al presente comma possono essere altresi’ adottati su proposta dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale, sentiti il Ministro della salute, il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia. Per i profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalita’, i provvedimenti di cui al presente comma sono adottati sentito, di norma, il Comitato tecnico scientifico di cui all’ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630. 2. Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 e con efficacia limitata fino a tale momento, in casi di estrema necessita’ e urgenza per situazioni sopravvenute le misure di cui all’articolo 1 possono essere adottate dal Ministro della salute ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. 3. Sono fatti salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ovvero ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure gia’ adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le altre misure, ancora vigenti alla stessa data continuano ad applicarsi nel limite di ulteriori dieci giorni.
4. Per gli atti adottati ai sensi del presente decreto i termini per il controllo preventivo della Corte dei conti, di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340, sono dimezzati. In ogni caso i provvedimenti adottati in attuazione del presente decreto, durante lo svolgimento della fase del controllo preventivo della Corte dei conti, sono provvisoriamente efficaci, esecutori ed esecutivi, a norma degli articoli 21-bis, 21-ter e 21-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241.
5. I provvedimenti emanati in attuazione del presente articolo sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e comunicati alle Camere entro il giorno successivo alla loro pubblicazione. Il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato riferisce ogni quindici giorni alle Camere sulle misure adottate ai sensi del presente decreto.

Il ginepraio degli ulteriori riferimenti normativi contenuti nei due articoli sopra riportati

Conformemente alla consolidata consuetudine normativa italiana i richiami anche qui si sprecano. Mi limitero’ per il momento ad elencarli in rigoroso ordine di apparizione, evidenziati in grassetto, nel testo dei vari commi degli articoli 1 Misure urgenti per evitare la diffusione del COVID-19 e 2 Attuazione delle misure di contenimento, riservandomi una loro ripresa in un’eventuale terza parti di questa esegesi dell’autocertificazione per il COVID-19 :

… di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65
… di cui all’articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio
… di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42
… di cui all’ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630
… ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833
… ai sensi del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13
… i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti
… di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340
… a norma degli articoli 21-bis, 21-ter e 21-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241

E per fortuna che grazie ad internet riusciamo a recuperare tutte le norme citate senza dover ricorrere al nostro amico avvocato! Pero’ la ricerca, la lettura e la comprensione sono oltremodo laboriose e, se tutto va bene, rimanderemo a domani l’uscita con la nostra bella autocertificazione debitamente compilata e sottoscritta, andando a riposare con la segreta speranza di svegliarci domani scoprendo che era solo un brutto incubo dovuto all’eccesso di alimentazione, acuito dalla nostra stanzialità, oppure che … l’autocertificazione è stata abrogata, non serve piu’ e ci possiamo muovere liberamente. O magari sarà nel frattempo uscita una nuova versione e dobbiamo ricominciare tutto daccapo?

…. continua!

Esegesi dell’autocertificazione per il COVID-19

Il famigerato modello di autocertificazione nell’edizione del 26.03.2020 del ministero dell’interno

Come preannunciato in un precedente articolo mi cimentero’, a beneficio di chi vuol sottoscrivere l’autodichiarazione del ministero dell’interno (ultima versione del 26 marzo 2020) con la consapevolezza di conoscere quanto gli viene richiesto di attestare, nell’esegesi di questo astruso documento cercando di riportare il testo di tutti gli articoli di leggi e decreti che l’estensore vorrebbe dare per acquisito alla conoscenza dello sciagurato sottoscrittore, uscito di casa dopo giorni e giorni di isolamento imposto (non si parli per favore di autoisolamento visto che vi sono fior di decreti ed ordinanze varie ad imporlo!) a volte solo per fare la spesa o comprare delle medicine per sà e la propria famiglia.

A parte il fatto che dopo tutti questi continui, ed in parte inutili, affinamenti qualcuno avrebbe dovuto almeno pensare ad identificare con un numero ed una data la versione, specificandone la validità, viene da domandarsi per quale motivo siano previste una serie innumerevole di asserzioni, senza che almeno nel retro del formulario o in un foglio annesso non venga chiaramente spiegato ogni singolo riferimento normativo.  Ma già, dimenticavo, la legge non ammette ignoranza…

AUTODICHIARAZIONE AI SENSI DEGLI ARTT. 46 E 47 D.P.R. N. 445/2000 dicembre

L’articolo 46 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 numero 445, Dichiarazioni sostitutive di certificazioni, testualmente prevede:

“1. Sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all’istanza, sottoscritte dall’interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualità personali e fatti:

a) data e il luogo di nascita;
b) residenza;
c) cittadinanza;
d) godimento dei diritti civili e politici;
e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;
f) stato di famiglia;
g) esistenza in vita;
h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente;
i) iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;
l) appartenenza a ordini professionali;
m) titolo di studio, esami sostenuti;
n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica;
o) situazione reddituale o economica anche
ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;
p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto;
q) possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria;
r) stato di disoccupazione;
s) qualità di pensionato e categoria di pensione;
t) qualità di studente;
u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;
v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;
z) tutte le situazioni relative all’adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio;
aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa;
bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;
bbb) di non essere l’ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al 
decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
cc) qualità di vivenza a carico;
dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile;
ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.”

Il successivo articolo 47 del medesimo decreto, Disposizioni generali in materia di dichiarazioni sostitutive, precisa inoltre:

“1. L’atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all’articolo 38.

2. La dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.

3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia all’Autorità di Polizia Giudiziaria è presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di riconoscimento o comunque attestanti stati e qualità personali dell’interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi è comprovato da chi ne richiede il duplicato mediante dichiarazione sostitutiva. “

E sin qui abbiamo riportato semplicemente gli articoli concerneti il titolo della nostra bella autocertificazione, mentre il bello deve ancora venire… Nella prima parte i viene richiesto di indicare i dati anagrafici che ci concernono unitamente agli estremi del documento che consente di esseere identificati e ad una nostra utenza telefonica. E fin qui direi nessuno dovrebbe avere problemi particolari se non nella distinzione tra residenza anagrafica e domicilio: e si’, perché qui già cominciano le prime piccole difficoltà e, visto che sono previste sanzioni non da poco per le dichiarazioni mendaci, ecco che occorre procedere in modo assolutamente scrupoloso alla compilazione del modulo al fine di evitare ogni possibile contestazione.

Tralasciando la disquisizione su cosa si debba intendere per residenza, direi che poiché il nostro modulo ci specifica trattarsi di “residenza anagrafica” andremo a riportare semplicemente l’indirizzo risultante appunto dall’anagafe del luogo in cui siamo registrati, che potrebbe essere in Italia ma anche all’estero. Soffermandoci invece sul concetto di “domicilio”, che potrebbe o meno coincidere con la residenza anagrafica, dobbiamo rifarci agli articoli 14 della Costituzione, 45 e 46 del Codice civile che fanno riferimento al luogo in cui una ppersona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. Già ma io potrei avere la mia residenza anagrafica in un dato luogo, il mio domicilio (inteso secondo i dettami della legge) in un altro e trovarmi temporaneamente a vivere in un terzo luogo ancora, nel quale magari mi sono recato temporaneamente restando bloccato proprio in connessione ai vincoli sugli spostamenti posti dai decreti emanati per contrastare la diffusione del coronavirus!


L’articolo 495 del codice penale (art.495 c.p.)

Recita l’articolo 495 del codice penale – Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri, che nessuno di noi vorrebbe infrangere neppure involontariamente per non incorrere nelle gravi sanzioni ivi previste: 

“Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.

La reclusione non è inferiore a due anni:

  1. 1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;
  2. 2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all’autorità giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.

E siamo solo all’inizio ……. (continua)

Coronavirus, il primo Decreto del Presidente della Repubblica del 23 febbraio

Il PdR Sergio Mattarella

Di certo si tratta di un’emergenza epocale, che non sta risparmiando quasi nessun paese al mondo. La rapida diffusione del contagio e la necessità di curare ingenti numeri di pazienti, hanno trovato le strutture sanitarie di tutti i paesi assolutamente impreparati ad un intervento rapido ed adeguato. E questo è accaduto malgrado i primi allarmi, giunti anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, parlassero di un primo caso rilevato già ai primi giorni dell’anno 2020 in Tailandia: una persona contagiata che era rientrata dalla città di Wuhan in Cina.

Il primo provvedimento normativo è stato il decreto legge del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella n. 6 che reca la data del 23 febbraio 2020; entrato in vigore il giorno stesso è stato convertito in legge con modificazioni in data 5 marzo 2020 (L. n. 13 in G.U. 09/03/2020, n. 61) come Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Nel testo della legge vengono precisate tutte le misure che “possono essere adottate” e che poi troveremo, in taluni casi ulteriormente dettagliate (es. codici Ateco) negli oltremodo pasticciati e confusi decreti del Presidente del Consiglio (i vari DPCM che ormai anche il grande pubblico ha iniziato a conoscere per via delle varie edizioni delle autocertificazioni) e di alcuni ministri del suo governo.

20 milioni di euro

Con scarsissima capacità previsionale il 23 febbraio col decreto convertito in legge il 5 di marzo sono stati stanziati unicamente venti milioni di euro per fronteggiare l’emergenza: forse non basteranno nè i primi 25 miliardi già aggiunti per il mese di marzo nè tantomeno gli altri miliardi che, si vocifera, verrebbero stanziati il prossimo mese di aprile. Per non parlare dell'”elemosina” di altri 400 milioni che il governo Conte ha annunciato di voler elargire tramite i sindaci, che altro non sono se non un’anticipazione temporale di spese già in precedenza appostate. Gli eventi successivi hanno dimostrato non solo l’insufficienza di quanto stanziato ma anche l’inadeguatezza di tutto il governo, a partire dall’inesistente ministro della salute Speranza, e a seguire l’incosistente ministro dell’interno Lamorgese, per non parlare della supponeza del presidente del consiglio Conte cui peraltro, proprio il Parlamento, votando la legge sopra citata ha conferito tutti i poteri necessari per decidere del destino di tutto il popolo italiano e della già disastrata economia nazionale.

L’articolo 3 del decreto e la delega di poteri

L’art. 3 del DL 23 febbraio 2020, n. 6, Attuazione delle misure di contenimento testualmente recita:

1. Le misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con uno o piu’ decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonche’ i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale.
2. Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, nei casi di estrema necessita’ ed urgenza le misure di cui agli articoli 1 e 2 possono essere adottate ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, dell’articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dell’articolo 50 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

(omissis)

La collezione delle autocertificazioni

Un immagine ormai diffusissima su quasi tutti i profili social e non solo

Ma adesso quando esco di casa, quale versione di autocertificazione devo utilizzare? La numero 1, la numero 2, la numero 3, la numero 4 ….. o magari, proprio mentre mi trovo già per strada, faranno la numero 5, o la 6, la 7 ………… ? Col susseguirsi dei decreti del presidente del consiglio si sono moltiplicate le versioni delle certificazioni, già di per sè criptiche, infarcite di un legalese che mal si addice alla chiarezza che di principio dovrebbe sempre avere un’amministrazione pubblica nei confronti dei propri cittadini.

Ma vediamolo il contenuto attuale, dell’ultima versione disponibile, quella che il ministero dell’interno a messo online in versione PDF editabile:

A parte il fatto che dopo tutti questi continui, ed in parte inutili, affinamenti qualcuno avrebbe dovuto almeno pensare ad identificare con un numero ed una data la versione, specificandone la validità, viene da domandarsi per quale motivo siano previste una serie innumerevole di asserzioni, senza che almeno nel retro del formulario o in un foglio annesso non venga chiaramente spiegato ogni singolo riferimento normativo. Lo Stato come sempre è pronto a vessare cittadini ed imprese obbligandoli al rispetto di normative che prevedono siano esplicitate in modo chiaro tutte le clasusole ad esempio di un contratto bancario o assicurativo, di un incarico professionale o in caso di acquisto di un bene o un servizio, salvo poi nascondersi impunemente dietro richiami di articoli, commi, lettere e chissà cos’altro pur di confondere il povero malcapitato che ha bisogno nellla maggior parte dei casi …. semplicemente di andare a fare la spesa (se ha i soldi per poterlo fare quantomeno) per mangiare e dar da mangiare alla propria famiglia!

In un prossimo articolo cerchero’ di esplicitare, a beneficio di chi vuol sapere cosa firma, quali siano i continuti di tutti i riferimenti contenuti nella ormai famigerata autocertificazione.

2019 un intero anno di pausa sul blog … e ora l’emergenza COVID-19

Un anno sabbatico? No, un anno di intenso lavoro che non ha lasciato spazio a commenti su questo blog anche se le notizie da commentare sarebbero state davvero tante, a cominciare dalla politica italiana con ben due governi che si sono avvicendati nel corso del 2019.

Devo ammettere che oltre all’impegno lavorativo cio’ che mi ha fortemente demotivato dal continuare a scrivere è stata soprattutto l’involuzione politica italiana, il trasformismo di certi personaggi spuntati dal nulla come funghi al sole dopo una giornata di pioggia. Sono stati l’inconsistenza di una parte della maggioranza divenuta opposizione e dell’opposizione divenuta magicamente maggioranza senza piu’ un adeguato riscontro nel consenso degli elettori. Ma è stata soprattutto l’apatia indotta dalla mancanza di reattività di buona parte del popolo italiano a farmi desistere piu’ e piu’ volte dall’esternare le mie opinioni.

Ho di conseguenza diradato anche la mia presenza sui social, con interventi sporadici dettati piu’ dalla curiosità di qualche post altrui che da uno specifico interesse suscitato in me dagli eventi della vita pubblica nazionale o internazionale.

Ed eccoci al 2020, un anno iniziato sotto i peggiori auspici con un’epidemia virale che a gennaio sembrava circoscritta al solo luogo di origine, la Cina, e ora vede gli Stati Uniti d’America di colpo come la nazione col il maggior numero di contagiati: ben 104.837 in base agli ultimi dati disponibili sul sito della Johns Hopkins University

Pur se con una diluizione nel tempo i vari paesi attaccati dal contagio presentano continui incrementi sia dei nuovi infetti che, purtroppo, dei decessi. Una situazione presa da tutti i governi eccessivamente con leggerezza all’inizio, quasi come se in un mondo globalizzato e caratterizzato da un’estrema mobilità delle persone, i confini nazionali potessero costituire delle barriere alla diffusione di questo ormai famigerato virus denominato dai piu’ COVID-19 e da altri SAR-COV-2. Tutti a partire all’organizzazione mondiale della sanità hanno troppo a lungo pensato che quella che era all’inizio un’epidemia, seppur importante, non si diffondesse piu’ di tanto e, soprattutto, non lo facesse con tale velocità da dover correre presto ai ripari dichiarando la pandemia.

Gli interventi dell’Organizzazione Mondiale della sanità

Una delle prime news concerneti il nuovo coronavirus presenti sul sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) risale allo scorso 13 gennaio 2020 quando, citando il caso di una persona risultata infetta in Tailandia dopo il suo rientro dalla Cina, precisamente dalla ormai tristemente nota città di Wuhan nella provincia di Hubei, segnalava che il caso risultava già noto alle autorità locali dall’8 di gennaio 2020! Reiterando la necessità che in Cina si proseguisse con l’identificazione della antura del contagio, la notizia si concludeva con la precisazione che il direttore generale del WHO Dr Tedros Adhanom Ghebreyesus avrebbe provveduto a consultare il comitato di emergenza dell’ente, convocando a breve una riunione dello stesso.

Dobbiamo attendere fino al 28 gennaio 2020 per leggere degli aggiornamenti in merito alla battaglia sul coronavirus, in atto al momento solo in Cina, a seguito dell’incontro a Pechino del direttore generale del WHO Dr Tedros Adhanom Ghebreyesus con il presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping. In tale data si parlava si olo 4.500 persone infettate a livello globale, di cui la maggior parte sul territorio CInese: oggi siamo arrivati ad oltre 600.000 contagiati nel mondo! Il comunicato si concludeva con l’annuncio di una riconvocazione del comitato di emergenza e di nuove notizie che sarebbero state fornite a breve.

Il Dr Tedros Adhanom Ghebreyesus (WHO) incontra a Pechino il President cinese Xi Jinping

Sempre il WHO avvisava già in data 5 febbraio 2020 della necessità di almeno 675 milioni di dollari per proteggere i paesi oggetto di attacco dal nuovo virus (nCoV-2019), comunicando l’avvio di un piano strategico per il periodo Febbraio-Aprile 2020 con l’obiettivo di limitare la trasmissione persona-a-persona del virus, identificare, isolare e curare i pazienti tempestivamente, comunicare i rischi ed altre attività connesse. Il successivo 6 febbraio, poi ancora il 13 febbraio fino a giungere ai giorni nostri lo scorso 26 marzo 2020 con l’invito del Dr Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale del WHO rivolto al G20 per combattere uniti il COVID-19.

E in Italia, quali sono stati gli interventi del governo?

Nel prossimo post cerchero’ di sintetizzare quanto è stato fatto, ed anche quanto non è stato fatto con sufficiente tempestività o, ancora a tutt’oggi, non è stato per niente fatto. Il tutto non per mero spirito di polemica bensi’ come pungolo per dei politici ancora troppo inerti, confusi, che non danno sicurezze ad una nazione in cui si sono già verificati episodi di assalto ai supermercati e alle banche: e non mi si venga a dire che sono solo “pilotati” dagli ambienti della malavita perché ci sono persone senza mezzi di sostentamento che sicuramente già prima non avevano di che vivere, ma che cercavano di sopravvivere mentre oggi, avendo di fronte a loro prospettive ancora peggiori e soprattutto incerta determinazione non esiteranno a fare di tutto pur di poter sfamare i propri figli, di garantire a sè stessi e alle proprie famiglie il sacrosanto diritto di esserci ancora un domani che oggi nessuno al mondo ci puo’ garantire.

In Italia costo del lavoro e tasse sempre troppo alti. Embraco solo una delle tante imprese che lasciano il paese.

Il recente caso dell’Embraco, società del gruppo Whirpool che ha licenziato 500 lavoratori italiani trasferendo la sua attività in Slovacchia ripropone per l’ennesima volta il tema dell’appetibilità dell’Italia per gli investitori esteri.

Ma sono anche altre le aziende che hanno deciso di lasciare un paese che non offre da molti anni vantaggi per gli insediamenti industriali. E questa tendenza non è recente bensi’ perdura da anni; centinaia di aziende, inclusi marchi molto noti, sono passate di mano da imprenditori italiani a multinazionali estere le quali si impegnano a mantenere i siti produttivi e le maestranze in Italia ma lo fanno sempre a termine.  E’ il caso ad esempio della Indesit , anche questa ceduta a suo tempo alla Whirpool,che ancora nel 2013 prometteva il differimento di 5 anni dei licenziamenti:

whirlpool microonde

Buone notizie per i 1.400 dipendenti della Indesit, che fino a prima “dell’ipotesi di accordo” firmato nella tarda serata dello scorso 3 dicembre, rischiavano di perdere il posto di lavoro. Lo storico marchio che produce elettrodomestici ha riorganizzato il suo asset ritirata la procedura di licenziamento per circa 1.400 lavoratori e la redistribuzione delle produzioni fra Italia, Polonia e Turchia. E’ una nota della Fim-Cisl diffusa al termine degli incontri al ministero dello Sviluppo economico a confermare quanto appena detto, ma dagli stessi sindacati (Fiom-Cgil) nessuna sottoscrizione d’intesa. Questo perchè, da quello che è stato scritto nel comunicato: “L’accordo siglato oggi, non solo determina il superamento della procedura di licenziamento collettivo per 1.400 dipendenti avviata dalla Indesit, ma impegna l’azienda alla stabilità occupazionale per cinque anni, fino alla fine del 2018”. (fonte: BiancoLavoro)

E ora che siamo nel 2018 i nodi sono arrivati al pettine. Certamente non è possibile restare indifferenti alla tragedia umana delle famiglie che oggi si ritrovano senza reddito a causa della perdita del lavoro ma nel contempo non va sottaciuto il fatto che i lavoratori non si trovano in questo come in molti altri casi di fronte ad un licenziamento inatteso, dalla sera alla mattina! Il vero problema è piuttosto quello della impossibilità, seppure nell’arco di ben 5 anni, di trovare un posto di lavoro alternativo per chi non è piu’ giovane in una nazione dove neppure i giovani hanno facile accesso al mercato del lavoro e la disoccupazione, giovanile e non, restano alti.

Il costo del lavoro

Uno dei maggiori ostacoli da sempre che frenano l’occupazione è sicuramente l’alto costo del lavoro rispetto alla maggior parte dei paesi europei. Nel grafico che segue sono riportate le componenti del costo del lavoro prese in considerazione per le comparazioni (fonte: Eurostat, Statistics explained)

Le componenti essenziali sono:

  • Salari e stipendi lordi
  • Gli oneri sociali a carico del datore di lavoro
  • Altri costi quali imposte, formazione ed altri (indumenti di lavoro ecc.)

Si evidenzia poi come al dipendente il guadagno netto sia dato dal salario o stipendio lordo dopo la deduzione della quota di oneri sociali a suo carico e delle imposte sul reddito; queste diverse componenti saranno oggetto di ulteriore disamina in quanto la loro disparità nei vari paesi anche all’interno dell’Unione Europea costituisce un elemento importante non solo in relazione al costo del lavoro per l’impresa e le conseguenti fughe all’estero bensi’ anche per i lavoratori che sono indotti a lasciare l’Italia non solo per la scarsa occupazione ivi disponibile ma anche per i bassi livelli salariali. L’anomala situazione che si osserva è infatti l’incongruenza tra un alto costo del lavoro per le aziende  ed una bassa remunerazione  per i lavoratori. In particolare gli stipendi medi annuali all’ingresso nel mondo del lavoro in Italia sono in assoluto i peggiori come si evince dalla tabella qui riportata (fonte: repubblica.it)

In relazione ai casi di maggiore attualità in questi giorni di trasferiemnto in altri paesi nell’ambito di paesi europei di imprese multinazionali che cosi’ lasciano l’Italia si parla molto di Slovacchia (caso Embraco) e Polonia (Eaton di Monfalcone). Di particolare interesse risulta quindi il raffronto tra l’Italia e questi paesi che evidenzia delle discrasie importanti per quanto concerne il costo del lavoro. Nel grafico a fianco la prossimità del valore concernente l’Italia con la media dei paesi dell’Eurozona (EU19) mostra anzitutto l’effetto dela moneta unica. Il costo medio italiano risulta piu’ elevato poi della media di tutti gli attuali membri europei (EU28) e presenta un gap elevatissimo rispetto ai paesi con i valori piu’ bassi. Con il costo di un dipendente nella location italiana l’impresa che si trasferisce in Slovacchia potrà infatti impegare ben 2,5 lavoratori e addirittura 3,1 nel caso della Polonia.

Paradossale poi la situazione per cui in Italia ad un costo del lavoro piu’ elevato non corrisponde un maggior reddito per i lavoratori dipendenti italiani risppetto a quelli degli altri paesi; il rapporto lordo/netto italiano è infatti uno dei piu’ alti e questo comporta necessariamente una minor capacità di spesa con tutto cio’ che ne consegue a livello di ripresa economica.

La tassazione in Italia

Oltre ad un costo del lavoro elevato anche la tassazione, sia individuale che societaria, è tra le piu’ elevate. Se, continuando il paragone con i due paesi dell’est europeo di maggior attualità in questi giorni, prendiamo in considerazione le aliquote minime vediamo che in Italia quella sulle persone fisiche è piu’ elevata di di 4 punti rispetto a quella della Slovacchia e di 5 punti rispetto a quella della Polonia mentre la massima supera di ben 11 punti quella polacca e addirittura di 18 punti quella slovacca! Non molto diversa la situazione per quanto concerne la tassazione societaria con un’aliquota italiana che varia dal 27,90% fino al 32,50% in base alla regione di localizzazione e alla tipologia di impresa; la differenziazione è data dall’IRAP che si applica peraltro su un reddito aumentato del costo del personale e degli interessi passivi e quindi è di fatto molto superiore al valore nominale nella sua effettiva applicazione.

Per chiarire meglio quelle che sono le differenze effettive per un’impresa che decida alternativamente di localizzarsi in uno dei tre paesi considerati  (Italia, Slovacchia e Polonia) è utile fare un’ipotesi numerica concreta partendo da una struttura organizzativa omogenea, ossia lo stesso numero di lavoratori dipendenti, gli stessi investimenti in immobilizzazioni soggetti ad ammortamenti ed a parità di altri costi operativi senza considerare peraltro gli efffetti della differenza tra valute nazionali laddove in Polonia è ancora in uso la valuta locale mentre Italia e Slovacchia hanno adottato l’Euro.

Di tutta evidenza per l’Italia l’effetto dirompente dato dalla combinazione del maggior costo del personale e da una tassazione esorbitante in quanto oltre al reddito base l’IRAP va ad incidere anche proprio sul costo del lavoro e sugli interessi passivi penalizzando quindi doppiamente la localizzazione nel paese. Da un aliquota nominale minima del 27,90% si passa infatti nell’esempio riportato ad una incidenza effettiva quasi doppia, pari al 53,30%; si allontanano quindi ulteriormente i valori della tassazione sia per Slovacchia che Polonia che risultano effettivamente meno della metà di quelli italiani. Ma l’aspetto di maggior rilievo di questo effetto combinato è la misura dell’Utile netto dopo le imposte che nel paese slovacco risulta pari 3,7 volte quello della medesima impresa localizzata in Italia e sale 4,1 volte in Polonia!

Grafici riassuntivi

Ipotesi di un’impresa con 100 mio.Euro si ricavi e struttura organizzativa omogenea localizzata nei diversi paesi

Conclusioni

Quanto sopra esposto riconferma quanto poco sia conveniente per una multinazionale estera decidere di localizzare la sua attività in Italia sulla base semplicemente della convenienza economica, sia per l’alto costo del personale – decisamente sproporzionato rispetto ad altri paesi come ad esempio Slovacchia e Polonia – ma anche e soprattutto per gli abnormi livelli di tassazione di cui sia a livello governativo che giornalistico si tratta sempre in mdo molto poco chiaro. Da non dimenticare qui il fatto, vergognosamente sottaciuto dal ministro Calenda e da tutto il governo per mera opportunità elettoralistica, che le multinazionali che pure giungono in Italia a seguito di acquisizioni sempre piu’ numerose molto spesso pongono negli accordi contrattuali un limite temporale all’impegno di mantenimento delle maestranze italiane e di conseguenza della localizzazione nel paese.

Ma se la convenienza alla delocalizzazione è cosi’ evidente perché ancora molte imprese, incluse quelle italiane, non hanno lasciato il paese?

Posto che le statistiche dimostrano che anche in ambito strettamente italiano le delocalizzazioni sono tendenzialmente in aumento negli ultimi anni, occorre considerare che rispetto ad una multinazionale l’impresa italiana, soprattutto con le ridotte dimensioni che caratterizzano la maggior parte delle realtà economiche nazionali, si trova di fronte a difficoltà di gran lunga superiori sia in termini di costo che per la necessità in particolare per le aziende a base familiare di trasformare la scelta imprenditoriale in una scelta di vita con il trasferimento all’estero di uno o piu’ componenti della famiglia.